Un alleanza che guarda al futuro

“Nel futuro vedo cuochi che entrano in cucina con le mani sporche di terra, profumate di latte appena munto, guidati dal loro passato e dalla loro memoria, distillata in chiave critica e non nostalgica, per portare nel futuro il meglio del nostro passato”.

Uno dei passi significativi dell’intervento di Massimo Bottura, dell’Osteria Francescana di Modena, a chiusura della due giorni dal tema “Alleanza tra i cuochi italiani e i Presidi Slow Food”, organizzata gli scorsi 2 e 3 aprile da Slow Food Italia, Slow Food Toscana e dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità.
Fin dalle prime battute avevo capito di essere nel posto giusto, nel Granaio Lorenese, all’interno del Parco della Maremma e dell’Azienda Agricola Regionale di Alberese e sede della Fondazione, dove erano presenti produttori da 60 presidi sparsi sul territorio nazionale e 73 cuochi dell’alleanza da ristoranti e osterie, per dare ancora più forza e possibilità di crescita ad un progetto nato più di due anni fa, coraggioso e nobile al tempo stesso. Un progetto che si interroga sul ruolo della ristorazione di qualità in Italia, sul rapporto tra questa e le produzioni locali, su come stare al fianco di piccoli produttori, allevatori e contadini che hanno deciso di lavorare rispettando la terra per la salvaguardia di prodotti e specie animali in via di estinzione. Un progetto dove tradizione e innovazione, produzioni agroalimentari sostenibili e ristorazione responsabile viaggiano in totale sintonia per trasmettere il concetto che solo per mezzo di questa alleanza ci sarà un futuro di qualità per la nostra gastronomia.
“Un buco nella rete” come lo ha definito giustamente Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, nell’intervento di apertura dei lavori, “i prodotti dei nostri Presidi, sono un buco nella rete della banalizzazione dei sapori, dei saperi e della grande distribuzione”. E continua raccontando che proprio partendo da questo buco, non si sarebbero mai immaginati di riuscire a creare una rete intessuta di nuove idee per ripensare cibo e agricoltura.
Del resto chi meglio dei cuochi può trasmettere questi valori? Sostenere le produzioni di qualità a km zero, inserendo le informazioni nei menù e segnalando prodotti e produttori, per comunicare ai propri clienti una scelta precisa di fare gastronomia di qualità; dall’altra parte il produttore può fare altrettanto, indicando quale chef ha deciso di valorizzare la sua fatica in ricette innovative.
Grande è stata la ricchezza di valori che sono emersi in questi due giorni, dove, sul modello di Terra Madre, si sono alternati i racconti e le esperienze di cuochi e produttori, su temi a me molto cari come stagionalità dei prodotti, biodiversità, solidarietà, sulla rinascita degli orti, sul pesce e su come difendere il mare dall’impoverimento, tema al quale Slow Food ha dedicato da tempo un’importante kermesse biennale come Slow Fish.
Vittorio Fusari della Dispensa  Pani e Vini di Torbiato d’Adro, ci dice che dal cibo è giusto pretendere che sia sano, buono ma anche emozionante, perché dietro ogni ingrediente c’è un territorio e la storia di chi lo produce, ed è questo che il cuoco deve comunicare.
Antonio Terzano dell’Osteria dentro le mura di Termoli, ci ha parlato del pesce, dei tipi di pesca che non rispettano il mare e dell’alleanza che ha stabilito con le piccole cooperative di pescatori che lavorano nella sostenibilità.
Giovanni Cuocci de La Lanterna di Diogene a Bomporto, ci ha raccontato che cosa significa lavorare con la “diversità umana” in un progetto di solidarietà dove ragazzi con varie disabilità coltivano la terra e fanno ristorazione.
E poi il racconto emozionato dei tanti produttori dei presidi, come quello del Bitto della Valtellina, il prezioso formaggio da invecchiamento, e della bellezza e difficoltà al tempo stesso del lavoro negli alpeggi … e non vi so descrivere gli incredibili risultati che ho avuto modo di degustare! Oppure la scommessa coraggiosa che hanno fatto alcune donne di Civita di Cascia in Umbria nel far sì che non si perdesse la Roveja, un piccolo pisello selvatico dal sapore entusiasmante.
Vorrei citarli tutti ma non finirei più … Oskar Messner dell’osteria Pitzock di Funes che ha aiutato gli allevatori della “pecora con gli occhiali” a rischio di estinzione, a creare prodotti innovativi, o la storia della papaccella, il peperone autoctono napoletano, un mirabile esempio di biodiversità campana, per salvare i sapori autentici di un territorio!
Oggi i presidi hanno raggiunto quota 201, e i cuochi dell’alleanza sono circa 270, e intorno a questi numeri si snoda un progetto nel progetto, le cene dell’alleanza il cui ricavato è impiegato per dare la possibilità ad un nuovo prodotto di entrare a far parte della rete dei Presidi.
Appagante coronamento delle due giornate, e al tempo stesso conferma delle tesi esposte, indimenticabili buffet di sapori, frutto delle sapienti mani di tanti chef dell’alleanza che erano coinvolti per dare il loro contributo.
Beh, e adesso chi ce l’ha il coraggio di suggerire una ricetta, consapevole, sostenibile e soprattutto entusiasmante? Prenderò spunto ancora da Massimo Bottura, anche ottimo oratore, che ha raccontato come sia importante non perdere memoria della tradizione contadina autentica, fatta di povertà assoluta ma anche di quella sapienza preziosa capace di elaborare il piatto della sopravvivenza fatto di un niente, di avanzi poverissimi, di scarti …

Re-Food n. 7
Passatelli in brodo

… con delle briciole di pane raccolte dal desco dei giorni precedenti, un uovo e delle croste di formaggio … mezza pentola di brodo … e un’autentica creatività!
Sarebbe bene imparassimo a farli con questi ingredienti, da tempi di carestia, visto che non sappiamo cosa ci aspetta in futuro … ma nel frattempo per quattro persone procediamo con questi: 2 uova, 150 gr di pan grattato, 150 gr di parmigiano reggiano grattugiato, la scorza grattugiata di mezzo limone non trattato, sale, pepe, noce moscata, e poi brodo di carni miste (pollo, vitellone) con odori, carota, costa di sedano e cipolla, sale ovviamente.

La sera è ancora fresco, quindi questo è ancora un piatto piacevole da gustare in questa stagione.
Fate il brodo mettendo la pentola sul fuoco con acqua fredda e gli ingredienti, e fate cuocere fino a che le carni non saranno tenere (2-3 ore). Fate i passatelli impastando in una ciotola, le uova, il pan grattato, il parmigiano e la scorza di limone grattugiati, aggiungete sale e una grattatina di noce moscata e lavorate l’impasto fino a renderlo omogeneo. Adesso prendete via via parte dell’impasto e premetelo con forza sopra una grattugia a fori larghi, lasciando cadere dall’altra parte dei grossi “bachi” lunghi circa un paio di cm, i passatelli appunto. Buttateli nel brodo filtrato e cuoceteli per 2-3 minuti. Serviteli in ciotole fonde con il brodo con l’aggiunta se credete di un po’ di parmigiano grattugiato.

E mi raccomando, fateli con ingredienti di qualità e di prossimità!

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