#iorestoacasa e faccio i Malloreddus

Ho pensato fosse doveroso aprire i titoli degli articoli che riuscirò a scrivere in questo coronavirus time, con l’# che definisce il nostro status quotidiano. Dobbiamo sapere che è la cosa più saggia che possiamo fare al momento come nostro contributo alla soluzione del problema.

Speriamo che ne riesca a scrivere pochi di articoli, il che significherà che il periodo è stato breve. Altra cosa che possiamo fare è quella di cercare di mantenere il buon umore senza il quale rischiamo la nostra salute e non riusciamo nemmeno ad aiutare il prossimo.
E per mantenere il buon umore è ovvio che dobbiamo trattarci bene, e visto che siamo costretti a stare in casa portiamoci in cucina per preparare qualcosa di buono, perché sedersi a tavola per godere di un buon piatto è un bel regalo quotidiano.
Perché i Malloreddus? Andiamo con ordine. Tutto nasce dal desiderio di fare esperimento con un dono ricevuto dall’amica Irene al rientro da un viaggio in Perù, giusto in tempo peraltro e poco prima che tutti ci si dovesse chiudere in casa. Farina di foglie di Coca, una polvere di un bel verde dal deciso odore erbaceo … oh, doverosa premessa, non è che sto facendo una ricetta proibita eh!

La pianta della coca è coltivata legalmente in diversi stati del Sud America come Perù e Bolivia e l’utilizzo della foglia di coca da parte delle popolazioni andine va indietro al popolo Inca. Viene utilizzata tutt’oggi soprattutto masticata o nella versione di infuso per alleviare lo stordimento dovuto alle alte quote, che come sappiamo sulle Ande non mancano. Sono note anche le sue proprietà benefiche e a La Paz esiste il Museo della Coca, che documenta la storia di questo alimento, e sottolineando in sezioni
specifiche quanto non abbia a che vedere con il suo derivato, la cocaina, frutto di un procedimento chimico di sintesi del principio attivo. A questo proposito, e per non dilungarmi qui che mi voglio occupare di altre faccende, vi suggerisco di leggere un bell’articolo dal titolo “Coca, tradizione millenaria o droga narcotica?” di Francesco Cama, che ho scovato nel sito di Gondwana, Cooperazione e Diplomazia Popolare, dove illustra sulla base di una propria esperienza, storia usi costumi e proprietà della pianta, molto interessante davvero.
Per quanto riguarda quello che interessa a noi, ovvero l’utilizzo della farina nelle ricette, non si trova sulla rete niente se non generiche notizie sull’utilizzo assieme alla normale farina per panificati, ma del resto l’amica Irene nella serata dei racconti del viaggio, ce ne aveva dato prova concreta utilizzandola in un plumcake salato che non era niente male!
Quindi non mi rimaneva che la sperimentazione pura. E in particolare mi interessava capire come potesse dare il suo contributo personale in una pasta, ispirato ovviamente dal successo del plumcake.
All’inizio pensavo di fare una classica tagliatella all’uovo e sostituire, per così dire, il verde di uno spinacio a quello della farina di foglie di coca. Poi ho pensato che fosse il caso di lasciare da parte l’uovo, metti caso avesse potuto coprire l’aroma della nostra farina verde. Ed ecco il perché dei malloreddus, certo poteva essere anche un’altra pasta, ma i malloreddus di Sardegna mi piacevano per la loro forma, facili da eseguire, e capaci di accogliere per la loro geometria, tanti tipi di condimento. La ricetta tipica sarda, accompagna di solito questa tradizionale pasta, detta anche gnocchetti sardi, con un sugo di salsiccia perciò connotato da una forte sapidità data dalla carne e dalla speziatura che in genere è presente in questo tipo di insaccato. Quindi bocciato il condimento tipico, a causa di un inappropriato protagonismo, e dato che già una pasta sarda con un ingrediente peruviano rappresentava un bell’incontro di culture gastronomiche, ho pensato di coivolgerne un’altra andandola a pescare nelle tradizioni storiche del mantovano. Ma del condimento ne parliamo dopo.

Fare la pasta in casa è cosa semplice, anche se nell’immaginario collettivo no, e in questo periodo di clausura è capace di divertire rappresentando un passatempo insolito ma utilissimo giacché finalizzato al mangiar bene. Gli ingredienti sono sostanzialmente due, la farina e l’acqua. La farina ha da esser buona, per un buono e sano risultato, perciò cercate una semola di grano duro nazionale, come ad esempio la varietà Cappelli, uno dei nostri grani antichi migliori e facile da reperire nei tanti negozi di prodotti biologici, ma forse anche in alcuni punti vendita della grande distribuzione. L’acqua è da preferire quella minerale perché priva di sapori sgradevoli rispetto a quella dell’acquedotto. Per fare i malloreddus che vedete nella foto ho utilizzato quello specifico strumento in legno con le piccole scanalature, ma è possibile fare altrimenti, non potendo in questo momento uscire per procurarselo, con una semplice forchetta premendo l’impasto sui rebbi.
Normalmente le dosi per 4 persone sono di 200 gr di semola e 100 ml (o gr se non disponete di un dosatore) di acqua, oltre un po’ di sale. Nella ricetta in questione ho aggiunto 15 gr di farina di foglie di coca considerandola una polvere colorante e non una farina vera e propria contenente glutine altrimenti avrei dovuto includerla nei 200 gr totali. L’intuizione era corretta cosicché ho potuto lavorare l’impasto correttamente. Anche la quantità rispetto alla semola era nel giusto equilibrio per un gusto finale soddisfacente.
Tornando al condimento ho pensato alla zucca per più di una ragione. Innanzitutto è un ortaggio stagionale, quindi buono e reperibile. Inoltre il dolciastro della zucca sarebbe stato capace di equilibrare la sapidità del gusto erbaceo deciso della foglia di coca. Terzo motivo, siccome si mangia anche con gli occhi, il suo colore avrebbe dato risalto al verde dei malloreddus. Infine, l’apporto di ispirazione mantovana per attutire l’eccessivo dolce della zucca, l’amaretto, tipico dell’impasto dei mitici tortelli con ripieno di zucca. Ma attenzione, non utilizzate la zucca di tipo mantovano, quella con la buccia verde scuro per intendersi, che se è perfetta per l’impasto dei tortelli non lo sarebbe altrettanto per il nostro condimento, perché una volta cotta risulterebbe troppo pastosa e compatta, mentre a noi serve una polpa che resta un po’ acquosa dove mantecare a dovere i nostri malloreddus.
A questo punto non resta che rimboccarci le maniche e metterci all’opera. Le foto vi guideranno nella facile procedura.

Malloreddus con farina di foglie di coca in salsa di zuuca e amaretti

Ingredienti per 4 persone

per la pasta
200 gr di farina biologica di grano duro qualità Cappelli
15 gr di farina di foglie di coca
100 ml di acqua minerale naturale
1/3 di cucchiaino di sale

per il condimento
300 gr di polpa di zucca gialla
30 gr di amaretti secchi
1 scalogno
sale e pepe q.b.
2 cucchiai di olio e.v.o.
parmigiano grattugiato

Mescolate le due farine e sulla spianatoia fate una fontana. Cospargere il sale sui bordi e mettete l’acqua al centro. Con una forchetta iniziate ad amalgamare pian piano farina e acqua fino a creare l’impasto. Lavorate l’impasto con le mani per una decina di minuti, e che diventerà sempre più elastico, segnale dello sviluppo di una buona maglia glutinica. A questo punto raccoglietelo a palla e lasciatelo riposare una mezz’ora coperto.
Nel frattempo occupatevi del condimento. In una larga padella fate stufare lo scalogno tritato assieme alla polpa della zucca tagliata a dadini finché si disfano. Via via aggiungete poca acqua se vedete che asciuga troppo. Regolate il sale e aggiungete gli amaretti sbriciolati grossolanamente. Proseguite a fuoco basso per 5 minuti fino ad ottenere una salsa omogenea non troppo asciutta. Infine unite una generosa macinata di pepe nero.

Torniamo a lavorarci i malloreddus. Tagliate un pezzetto di impasto e rollandolo sul piano, dategli con le dita la forma di uno spaghettone dal diametro di 1 cm e tagliatelo a pezzetti di circa 2 cm ciascuno. Quindi uno per uno strusciateli premendoli con forza sullo strumento rigato (o sui rebbi della forchetta) ottenendo così il malloreddus, una piccola conchiglia capace di accogliere con sapienza il condimento. Proseguite così fino alla fine dell’impasto posizionando via via la pasta su uno spolvero di semola.


Cuocete i malloreddus in acqua in ebollizione per circa 5 minuti, scolatela e mantecatela in padella nel condimento di zucca.
Servite le porzioni ben calde nei piatti di portata con spolverata abbondante di parmigiano grattugiato.

Risltato più che soddisfacente! Oh … ma prima di impazzire nel cercare la farina di foglie di coca, fateli senza, sono comunque buoni 🙂

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